Corsari del Gusto®

liberi pensieri di un contadino della provincia di Cuneo e dei suoi amici

Sulle tracce della soya

PER INFO: info[at]claudiosica.net  oppure

 riccardo.russo[at]uniroma1.it

E’ UFFICIALE, LA CEE HA AUTORIZZATO L’IMPORTAZIONE E LA LAVORAZIONE DI SOYA OGM BREVETTO A2704-12 SIA PER USO MANGIMISTICO CHE PER USO ALIMENTARE (UMANO)

I SIGNORI DELLA CEE INFORMANO INOLTRE CHE TUTTI I PRODOTTI DERIVATI DA QUESTO OGM SARANNO SOGGETTI ALLA RIGOROSA NORMATIVA EUROPEA SU ETICHETTATURA E RINTRACCIABILITA’

POTETE LEGGERE QUI: UNIMONDO OPPURE SUL SITO

EUROPA .EU O DA PRESSANTE.

INSOMMA, SU INTERNET SE NE PARLA.

 

 

 

Segue progetto mostra multimediale “Sulla via della soya”  (per commenti ritornare al post precedente-grazie)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Attualmente consiste in una mostra multimediale di fotografie, filmati e pannelli esplicativi (26 stampe 40×60 + 2 gigantografie, 3 totem LCD, 1 proiezione su schermo grande).

 

 

 

 

Parole Chiave

Sovranità Alimentare, monocoltura, OGM, Sud America, diritti umani.

Sinossi

Nella mostra viene presentata una interessante raccolta di documentazione fotografica e audiovisiva selezionata nel corso di un viaggio nei paesi del cono sud a contatto con le persone che quotidianamente convivono con gli effetti della monocoltura di soia geneticamente modificata.

Attraverso le loro testimonianze, capi indigeni, contadini senza terra e nuovi abitanti delle grandi città ci guidano nei loro luoghi di vita raccontando le proprie storie, tutte diverse ma fortemente legate al rapido ed inesorabile avanzamento della macchina agricola sulle colture di sussistenza e sul bosco nativo. Tra le tante storie, quella di Silvino Talavera, morto a 11 anni per intossicazione da diserbanti agricoli e divenuto simbolo della lotta contadina contro le multinazionali dell’agricoltura in Paraguay.

Obbiettivi

Questo lavoro, che segue il percorso della soia dalle aree coltivate fino ai grandi porti fluviali del Rio Paranà dove viene imbarcata alla volta dell’Europa, vuole essere un contributo al dibattito europeo sugli OGM in una fase in cui le pressioni del mercato globale sono particolarmente importanti ed un approccio consapevole al consumo alimentare si rivela sempre più necessario.

La maggior parte della soia prodotta in Sud America viene infatti venduta alla UE come alimento per gli animali da allevamento. Una volta “trasformata” in carne raggiunge dunque le nostre tavole e ci converte, nostro malgrado, in grandi consumatori di foraggio da importazione OGM nonché responsabili (anche se ignari in quanto non informati) dell’ecocidio sudamericano e dell’espulsione dei contadini dalle loro terre.

A prescindere dal dibattito sugli OGM questo lavoro intende dunque porre l’attenzione sulla insostenibilità del modello agricolo biotecnologico sui rischi futuri dati da previsioni di una ulteriore crescita della domanda mondiale di soia come materia prime per la produzione di biodiesel.

Introduzione alla mostra

Negli ultimi decenni si è registrato un continuo aumento del fabbisogno di olii e farine vegetali per l’industria alimentare del pianeta.

In particolare dagli anni ’60, quando la Comunità Europea ha iniziato a ridurre le importazioni di carne dal Sud America e ad aumentare le importazioni di foraggio, le piantagioni di soia hanno cominciato a diffondersi in maniera consistente in alcuni paesi del cono sud, soprattutto in Argentina, Brasile e Paraguay.

A partire dalla metà degli anni ’90 poi alcuni avvenimenti di portata storica quali l’apertura economica della Cina, l’avvento della “Mucca Pazza” in Europa e la diffusione delle sementi geneticamente modificate, hanno innescato una crescita esponenziale della domanda di foraggio sul mercato mondiale e questo ha portato ad un’espansione rapida ed incontrollata della produzione di soia, sospinta della grande industria agroalimentare, sulle aree agricole e sul bosco nativo della regione indiscriminatamente.

Alcuni degli effetti più devastanti di questo processo sono visibili oggi nei paesi del Cono Sud dell’America Latina, dove la superficie coltivata a soia cresce inesorabilmente da oltre dieci anni a discapito della biodiversità e dei diritti di base delle popolazioni locali, minacciando la loro stessa sovranità alimentare e la possibilità di accedere alla terra e alle risorse naturali.

In effetti, per quanto i sostenitori del transgenico utilizzino spesso la propaganda di un miglioramento degli alimenti ad interesse collettivo, fino ad oggi la ricerca ha creato solamente sementi utili a controllare il mercato degli erbicidi ed aumentarne il consumo.

La principale invenzione che ha rivoluzionato il modello produttivo della monocoltura di soia negli anni recenti è stata di fatti la creazione del seme Round-Up Ready di Monsanto. Il seme è stato modificato per resistere all’effetto velenoso del pesticida Round-Up di produzione Monsanto. Il modello produttivo diffuso si basa dunque sull’utilizzo congiunto del seme e del diserbante.

Le conseguenze più dannose che questo modello agro esportatore sta creando nei paesi del cono sud sono evidenti sul piano ambientale, sociale ed economico.

Dal punto di vista ambientale l’espansione della monocoltura di soia sta producendo un avanzamento inesorabile della frontiera agricola sui boschi nativi del Chaco e della Yungas, e l’utilizzo massiccio del potente erbicida Round-Up sta provocando la contaminazione irreversibile delle acque e dei suoli. In Bolivia le coltivazioni di soia cominciano a risalire le verdi yungas nelle zone pre andine, in Argentina stanno divorando il bosco nativo nelle province del Nord. In Brasile hanno già da anni trasformato radicalmente l’ecosistema naturale nelle aree meridionali mentre in Paraguay, paese un tempo ricco di boschi e foreste, quasi non esiste più vegetazione naturale ma una sola grande distesa di soia geneticamente modificata.

Sul piano sociale gli effetti più importanti si riscontrano nella perdita di terra da parte della popolazione indigena e contadina. Il processo di abbandono delle aree rurali e di popolamento delle grandi periferie urbane si accompagna così ad un processo di impoverimento estremo della popolazione e ad un aumento importante dell’insicurezza alimentare. Alla perdita di sovranità alimentare segue poi inevitabilmente la perdita della sovranità culturale, poiché le culture contadine ed indigene sono molto legate alle abitudini culinarie. A tal proposito è utile ricordare anche il progetto della “Soja Solidaria”, con cui a partire dagli anni ’90 i grandi produttori hanno tentato di introdurre la soia e i suoi derivati nelle mense popolari in sostituzione della carne e del latte, a grave discapito della salute dei bambini più poveri.

Dal punto di vista economico i danni per le economie dei paesi che scommettono sul boom della soia sono concretamente individuabili nella diminuzione del lavoro agricolo (di fatti il modello “sojero” si fonda su di un’agricoltura meccanizzata e priva di agricoltori), nell’aumento della dipendenza economica dovuta all’obbligo di importare brevetti e tecnologie per la produzione e nell’aumento esponenziale del prezzo di mercato della terra agricola. Processo quest’ultimo che compromette la possibilità futura di riportare i contadini nella campagna perché né le famiglie ex contadine né tanto meno le politiche governative avranno più la disponibilità economica in futuro per riacquisire delle terre che hanno visto quadruplicare il proprio valore commerciale negli anni del “boom sojero”.

Molti analisti avanzano inoltre l’ipotesi secondo cui il sistema produttivo basato sulla monocoltura di soia OGM che si sta strutturando in Sud America sarà in gran parte riconvertito nel futuro per la produzione di biodisel come combustibile naturale alternativo al petrolio. In questa ottica si comprende l’interesse dell’agroindustria nei costosissimi progetti infrastrutturali per il trasporto fluviale che sono in discussione in tutta la regione. Il progetto IRSA in particolare prevede la connessione dei bacini tre del Rio Orinoco, del Rio delle Amazzoni e del Rio Paranà e la creazione di una “autostrada” fluviale per un trasporto capillare dalle aree interne all’Oceano Atlantico che sta già provocando danni ambientali irreversibili agli ambienti umidi intutta la ragione. (By Claudio Sica e Riccardo Russo)

 

 

 

 

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