Corsari del Gusto®

liberi pensieri di un contadino della provincia di Cuneo e dei suoi amici

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Fattorie Fiandino, il Grana a KM zero.

“Imprenditori di razza”. Questo è l’aggettivo che mi viene in mente mentre parlo della famiglia Fiandino.

La storia inizia con Magno Fiandino che, negli anni 20, acquistò la Cascina Palazzo a Villafalletto (CN) per dedicarsi all’allevamento dei bovini. D’ estate portava i suoi animali in alpeggio, alle sorgenti del fiume Stura di Demonte (CN), in un paesaggio da favola.  A questa favola si aggiunse in seguito il Caseificio, verso la fine degli anni 40, per opera dei figli di Magno, Giovanni, Battista e Luigi.

Oltre 50 anni fa, i Fiandino, fuori delle logiche di un certo qual immobilismo del “bogia nen” piemontese, sono lungimiranti e mettono in pratica la filiera corta, il prodotto a km zero, dal produttore al consumatore. Allevamento, coltivazione delle materie prime, trasformazione del latte in formaggio e vendita!

Oggi i cugini Mario ed Egidio Fiandino si occupano con successo dell’azienda che esporta in tutta la galassia. Non esageriamo: nel mondo conosciuto. Ed ecco l’azienda:  (clicca e leggi sotto)

corsaroeindiano [800x600]In primis l’allevamento di brune alpine, oggi accudite al signor Daljit (è il signore senza basette ma con barbone e baffoni. Quello con basette, per i pochi che non lo sanno, sono io)

Poi la trasformazione nel caseificio dove la principale produzione è il Grana (vedi foto)grana fresco

Ma non solo Grana, anche altri prodotti tra cui u na toma a latte crudo chiamata Lou Bergier (pastore in lingua occitana) e un formaggio alla birra Baladin. Straordinario è il caglio vegetale con cui vengono prodotti. Cliccando qui e anche qui potete avere tutte le notizie su questo antico metodo.

E’ stata una sorpresa trovare negli uffici dell’azienda Fiandino, come collaboratore, una “firma storica” del marketing aziendale: Lelio Bottero (clicca). Lelio, insieme all’ormai guru della birra Teo Musso (baciamolemani), operò per molti anni nella creazione e formazione di quello che è oggi: il mito della birra Baladin, la birra di Piozzo. Eggià!

E’ una bella realtà che, tra l’altro, dista 10 minuti d’ auto dalla mia azienda. E’ proprio vero: prima di cercare lontano, guarda bene quante cose belle (e buone) ci sono intorno a te! (By Corsaro,  foto by Lelio e CdG)

E che CAA! 2 miliardi di euro buttati nel…

Ho trovato questo articolo di giugno. La questione ad oggi è morta e sepolta, non se ne sa più nulla.

Se non fossimo in Italia la denuncia dell’ex Commissario Agea Domenico Orlandi provocherebbe un terremoto e dimissioni a catena. Nel nostro Paese è sufficiente invece trincerarsi dietro a un “no comment”

di T N

La convenzione stipulata tra Agea e CAA prevede che gli agricoltori non paghino le pratiche relative alle domande Pac ma così non è accaduto dappertutto. In cambio della gestione del fascicolo i CAA riceverebbero circa 28 euro per ogni fascicolo aziendale. I fascicoli aziendali in Italia sono circa 1,8 milioni. Ne risulta che i CAA ricevono, per questo servizio pubblico, più di 50 milioni di euro all’anno.

Ad Agea, come ha confermato l’ex Commissario straordinario Domenico Oriani a “Italia Oggi”, sono però pervenute parecchie denunce da parte di agricoltori che avrebbero dovuto pagare per la pratica Pac.

L’agenzia stampa “Il Velino” ha documentato alcune di queste denunce e presunte irregolarità.

Ad esempio, dalla fattura numero 08VIM 02720 rilasciata il 2 luglio 2008 da Impresa Verde di Bologna – relativa alla pratica 14991521 – per “l’assistenza – si legge sulla fattura – predisposizione documentazione premio unico aziendale 2008”, vale a dire la Pac, emerge che un’azienda socia Coldiretti ha pagato 60 euro. Ma la dicitura “Assistenza predisposizione documentazione” vuol dire tutto e non vuol dir niente. Anche perché c’è un’altra ricevuta – stavolta emessa direttamente da Coldiretti Bologna – che dimostra il versamento di ulteriori 40 euro per, si legge, “consulenza Pac”.

Praticamente gli agricoltori avrebbero pagato pratiche a loro gratuite perché già coperte dalla convenzione tra Agea e Caa.
Somma giustificata sotto la dicitura di assistenza, consulenza o addirittura “quota associativa nonché la presentazione – come dice Oriani – di doppi pagamenti o pagamenti fasulli”.
E ottenere così soldi dall’Ue.
Gioco questo che ha provocato però un buco tale di denaro che da Bruxelles si sarebbero fatti i conti rilevando un saldo in negativo – per rettifica – di due miliardi di euro dal 1999 al 2007.

L’ex Commissario straordinario, accortosi di tali vistose anomalie, ha dato il via a una profonda riforma del sistema aprendo ad altri soggetti e offrendo anche ai singoli agricoltori la possibilità di gestire in proprio il fascicolo aziendale.
Ha iniziato toccando proprio i fondi destinati ai CAA, cancellando lo stanziamento di 100 milioni di euro all’anno a favore dei Centri di assistenza agricola.
Ha parto l’accesso anche ai professionisti.
Il futuro doveva essere togliere il monopolio della gestione dei fascicoli aziendali ai CAA.
Una riforma rimasta a metà dopo che Oriani ha dovuto dimettersi lasciando il posto a Franco Contarin, già responsabile politiche economiche di Coldiretti Veneto.

I CAA, come denuncia Oriani, gestiscono un giro d’affari “da miliardi di euro l’anno. Una struttura che è stata messa ora nelle mani di Coldiretti sulla pelle delle persone”.

I diretti interessati, come emerge dall’inchiesta di “Italia Oggi”, non commentano.

Coldiretti in particolare si è trincerata dietro al più classico dei “no comment”.

Meno prevedibile la risposta del Mipaaf. Questo il commento del portavoce del Ministro Zaia: “noi non rispondiamo. Se Oriani ritiene emergano elementi che non afferiscono a politica e istituzioni, vada da chi di dovere”.

Uno scandalo che in altri Paesi avrebbe provocato dimissioni a raffica.
In Italia cala il silenzio, anche grazie alla muta complicità degli agricoltori.

di T N
06 Giugno 2009 TN 22 Anno

Il cerchio si chiude e…

l’ultimo chiuda la porta!

Corrono voci, rumors, nel sottobosco dove si vive ancora liberi. Certo bisogna stare molto attenti, ai serpenti per esempio! Ma questi mordono solo se li disturbi.

Più pericolosi sono i TRADITORI;

Quelli che ti si fingono amici e poi spifferano tutto alla Signora maestra. Tutto cosa? Magari solo il fatto che ti e caduta la penna (eh, eh, eh).  Ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Per 30 denari ed anche meno, oggi, si vende l’anima, anche solo per apparire: tronysti forever!

E l’onore? Non esiste!  Ma che centra questo preambolo? Niente, solo per riempire il post. Veniamo al dunque.

Corrono voci, dicevo, su, per esempio, Slow Food che certifica prodotti, su rappresentanti di Eataly che girano a vendere la propria merce alle botteghe (bojafauss che news!)  e su Coldiretti (pace e bene) che ha messo il copyright sulla dicitura KM ZERO e, cosa veramente in stile Soviet, si è impossessata dei farmer market. Attenzione però, anche i lenti rivendicano la proprietà dei farmer market e li ribattezzano mercati della terra.

Non ci capisco più niente!

Allora un contadino non è più legittimo proprietario del suo lavoro?

Con quale diritto l’impero del business ha impostato queste nuove regole?

Sono solo chiacchere, spero vivamente ed ovviamente di si e mi rimetto, buono-buono, ai vostri commenti che sapranno fare luce. Intanto mi siedo comodo e mi stappo un pintone di Nebbiolo, antidepressivo naturale…

W l’Italya, libera e consapevole. (By Corsaro)

E camminando siamo arrivati a GOLOSARIA

Tre giorni a Milano, hotel Melià, per l’evento Golosaria di cui, l’amico, Fabio Cavallari nel suo blog fa una dettagliata recensione che vi invito a leggere. Cosa posso aggiungere senza cadere nel ripetere? Penso ben poco, visto che sono stati toccati ed evidenziati tutti i temi e le peculiarità del evento trascorso.

Mi voglio soffermare su un aspetto la quale “essenza” sta diventanto RIDONDANTE nella mia vita: i rapporti umani. Questo in barba al “contadino cattivo, incazzato e stanco” con cui, di solito, mi presento. Vi assicuro non è cambiato nulla, sono sempre molto cattivo, pronto alla rissa, perennemente incazzato e stanco MA (ecco l’aspetto importante) credo che Golosaria sia un segno, una dimostrazione semplice e concreta, che l’animale uomo non è del tutto rincoglionito come qualcuno sostiene e vuole farci credere, già dal mattino presto con tiggì-funebri, repliche di finti-naufraghi in finti-atteggiamenti eroici, e cartoni animati vomitevoli. ARIDATECI GATTO SILVESTRO, TOPO GIGIO, LUPO DE LUPIS, L’ORSO YOGHI E, PERCHE’ NO, STALLIO E OLLIO.

Non sono solo io a dirlo ma parecchie persone, sia visitatori che espositori, Golosaria è un crogiuolo di rapporti umani. Sicuramente il merito di essere riusciti a coniugare etica e commercio va agli ideatori, il Club Papillon. Negli anni (20) hanno messo insieme uomini e prodotti: “non parlando di sola trifola ma parlando del trifolaio!”

Per un produttore è una vetrina importante, non solo per la vendita e i contatti ma per potere raccontare il suo prodotto. Certo ha una controindicazione (per me). Tornando a casa, ripensando ai bei momenti, non posso fare a meno di farmi assalire da un pensiero: PERCHE’ NELLA MIA PROVINCIA NIENTE GOLOSARIA?  Ma non la Golosaria degli autori sopracitati ma parlo del sistema Golosaria applicato, COPIATO, negli innumerevoli eventi dedicati al gusto che, TOLTO POCHI CASI, sono ridicoli. Fiere cialtrone organizzate da cialtroni che badano solo al loro tornaconto. Un peccato perchè nella mia provincia non mancano certo mezzi, prodotti, produttori che sanno il fatto loro. Ho ancora due cose da raccontare: l’incontro con Fabio Cavallari e il “fuori programma” (grandioso) di Paolo Massobrio (immortalato da una foto) che cerca un pò di riposo tra i Corsari del Gusto. Tutto questo al prossimo post. (By Corsaro)