Corsari del Gusto®

liberi pensieri di un contadino della provincia di Cuneo e dei suoi amici

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Mais: una pianta parassita dell’uomo!

M.Polland, autore de “il dilemma dell’onnivoro” si chiede: Se oggi in America si coltiva tanto di quel mais che non si riesce a ripagare i costi della sua produzione, perché un agricoltore sano di mente dovrebbe continuare seminarlo ettaro dopo ettaro?

Io, coltivatore diretto in Piemonte mi chiedo: Se oggi in Italia si coltiva tanto di quel mais ma poi se ne importa talmente grandi quantità che il prezzo interno crolla perché un agricoltore sano di mente dovrebbe continuare seminarlo ettaro dopo ettaro?

La risposta non è facile perché la si deve cercare nell’intreccio di diversi interessi e, fattore non di poco conto, dalla psicologia del contadino-tipo. Come in America, anche in Italia , c’è una industria che fa parte dell’indotto delle sementi, che deve trarre profitto e vendere la propria mercanzia: diserbanti, antiparassitari, concimi chimici, semi ibridi e semi ogm, attrezzature per la coltivazione e tutto l’ambaradan necessario.

 

 

Per psicologia del contadino-tipo intendo il radicato e incancellabile vizio di  “gonfiare” le rese per ettaro, per fare bella figura, nelle varie discussioni di stampo rural-populista, della domenica mattina, spesso, durante la Santa Messa. Nel solito crocchio, al fondo o sul sagrato della chiesa, ritrovabile in tutti i paesi del mondo.Politiche agricole: la rovina della agricoltura! Fondi nati come ammortizzatori di mercato per sostenere l’agricoltore che soffriva delle oscillazioni dei prezzi si sono poi dimostrati veri e propri “pozzi di San Patrizio” o strumenti per furbastri, più per chi faceva poco o nulla che per chi si faceva il mazzo.

 

Perché pianta parassita? Perché in natura, senza l’intervento umano, non avrebbe mai potuto raggiungere tale sviluppo. Basti pensare che è quasi incapace di riprodursi! Immagino i salti che farà qualche mais-dipendente…

Allora fate una prova semplice: seminate una pannocchia intera (come succederebbe in natura quando la pianta, che l’ha generata, cade perché matura) e guardate che casino ne esce! Su 100 piante solo una o due ha qualche possibilità di crescere regolarmente.   E l’acqua? Non bastano le piogge.

Altra cosa è seminare, seme per seme, a distanza regolata, con l’ausilio di una seminatrice pneumatica e coltivare in campi organizzati. Allora si che si propaga. Quindi, il mais attualmente coltivato, per ettari investiti  e per raggiungere tali livelli di rese, ha bisogno dell’uomo che, negli anni, lo ha “pompato”a dismisura arrivando a produrre molto di più di quello che serve. E’ un pianta parassita dell’uomo!

Come ho detto sopra, nel mondo,  si produce molto più mais di quello che serve, per cui, ecco che, le lunghe mani dell’industria, si sono prodigate per “infilare” tutto il mais possibile da tutte le parti: alimenti uso umano, alimenti per animali erbivori, alimenti per cani, gatti ed altri piccoli animali domestici, sacchetti biodegradabili, simil-plastica (innovativa)…Per esempio l’amido di mais lo troviamo (abracadabra?) nelle etichette dei più svariati prodotti. Ecco un regalino di ricerca che ho pensato di farvi:

 

Cliccando sulle immagini potete leggere un po’ meglio.

L’immagine N°1 è l’etichetta dell’anno scorso di un omogeneizzato, gusto prugna, di una nota marca, nella quale si può leggere la semplicità degli ingredienti: Prugna concentrata 60%; Prugna 40%; vitamina C.

L’immagine N°2 è la stessa cosa ma ultima versione: Prugna 91,4%; zucchero; amido di mais; amidi di mais ceroso; succo di limone; vitamina C.

Quindi, rispetto alla versione precedente, ad oggi, mangiando tale prodotto i nostri babbuini, scusate, nostri bambini, si ingoiano circa un 10% di qualcosa di diverso di una prugna.

Tra questo qualcosa c’è l’amido di mais.

Ma che ci sta a fare questo qui?

Ricordate? Una volta lo usavano per indurire i colletti delle camice. “L’appretto” che cosa era? E pensare che qualcuno sostiene, a gran voce, che una volta, i vecchi, lavoravano male e oggi, grazie alla teconologia, si lavora meglio. Eggià!,

Però ‘sti vecchi non si mangiavano gli ADDENSANTI!!

Cari lettori a voi la conclusione e…buonappetito! (By Corsaro)

NB: Ho coltivato mais fino all’anno scorso e rappresentava il principale sostentamento per la mia azienda. Meglio dire che ha rappresentato, in anni passati, il principale sostentamento per la mia azienda. Oggi siamo al tracollo!

In Italia la situazione, secondo il mio punto di vista, non è chiara. Nel senso che NON  CREDO CHE ESISTE UNA SOVRAPRODUZIONE MA, SICURAMENTE, ESISTONO I TRAFFICI, FATTI CON UNA TELEFONATA,  DI QUALCHE COMMERCIANTE SENZA SCRUPOLI DI CEREALI CHE, DI FATTO, HA RESO ANTIECONOMICA LA COLTURA. Per salvarsi dalle perdite l’unico sistema è produrre di più infilandosi in un processo senza senso: produrre per un mercato che non è chiaro in termini di domanda/offerta. Nel senso che, la domanda, viene soddisfatta con l’offerta IMPORTATA, non quella interna che rimane danneggiata, soffocata da masse di prodotto estero.

Della comunità europeea?

Ma va la!

Non credo proprio che sia mais di importazione intra CEE.

Extra CEE di sicuro: America latina, America dei nordisti, magari fatto triangolare, per renderlo intra CEE…

Ci sarebbe anche da dire che il mais Italiano è mais OGM free perché, da noi, non si può coltivare il seme Frankestin ma, detto tra noi, NON FREGA NULLA A NESSUNO!

CHE SCHIFO!                                                               (By Corsaro)