Corsari del Gusto®

liberi pensieri di un contadino della provincia di Cuneo e dei suoi amici

Archivio per la categoria 'corsaro mistico'

Italia se desta!

Per quanto sia piccolo ed insignificante il mio pensiero va oggi a tutti coloro che hanno dato la loro vita per questa Patria. Per la libertà di e in questa Patria…Il verde ci ricorda la speranza, il bianco la pace e il rosso il sangue versato.

Pensierino: vorrei che il clima morale, politico ed economico che sto vivendo fosse tutto un incubo. Vorrei svegliarmi, aprire gli occhi, e trovarmi in Italia, in quell’Italia che qualcuno ha sognato per me. Che ha sognato e che ha voluto combattere e morire per questa Italia che oggi non esiste, ho meglio, è prigioniera di un male oscuro. Questi pensieri mi rattristano, questo genere di feste/ricorrenze peggio ancora e a me non basta un VAFFANCULO alla casta per sentirmi meglio…

Tante volte la consapevolezza fa male! (By Corsaro)

Il paese delle mezze verità (la via non è chiusa)

Dal diario di Marco , cap. 5 verso n° 46:

Passata una giornata a sprecare gasolio per cercare un bianco a km zero. Imbottigliatori battono il Roero a confiscare arneis bollinato offrendo 2,85 — anche 3 + iva. L’arneis in damigiana è finito. Quasi quasi mi iscrivo anch’io alla Confraternita dei Nemici dell’Arneis.
Uno era in città a consegnare, un altro l’aia era deserta, il terzo non ne aveva più.
Angelo Ferrio ne aveva — come bianco da tavola — ma non l’ho comprato. Lo sentivo ossidato.
Lo è, conferma Angelo. Quello in eccesso ai bollini lo stocco in vasca e poi me lo dimentico. Non sto a filtrare, come quello in bottiglia. Lo faccio poi rifermentare con la nuova vendemmia, così torna buono di nuovo.
Angelo ha voglia di fare un pò di comizio, e anch’io ho voglia di rognare.
Comincia sornione. Sentito
lo scandalo del vino? Sì lì, i settanta milioni di litri di acqua e zucchero. Ma sì, mica fa male acqua e zucchero, no?
Assumo un’espressione poco convinta. Allora carbura, e ingrana la marcia di un piemontese troppo stretto per le mie orecchie.
Ma io ti dico che settanta milioni di litri è la punta “dell’aisberg”, ne gira 10 volte di più. Che se il vino fosse vino e basta, lo pagheremmo come il “uischi”.
Mah Angelo, sta idea braidese che le cose buone se le possa permettere solo il portafoglio gonfio, non la bevo mica volentieri.
Alt. Intanto Carlin Petrini gli dovrebbero mettere su una statua a ogni rotonda del Roero, perché ci ha ridato la dignità, a noi contadini.
Sì, ti ha dato tanta dignità che hai rifatto la cantina e devi pagare il mutuo e così ti è venuta sta idea snob che esprimi il territorio quando fai il vino e il mercato globale quando lo vendi.
Ma lo snob sei tu, che non capisci niente della campagna. Perché il contadino di una volta prima finisce il vino buono e poi va a prendere l’acqua e zucchero e riempie la vasca di nuovo, e poi di nuovo. E quando arrivi tu pensa ard’lu sì il piciu. Vino buono solo in bottiglia.
Ma non in tutte le bottiglie. Guarda che ne conosco tanti di contadini che non sono così e fanno vino sfuso dignitoso e talora buonissimo e se lo compra il territorio, non solo la California o il Giappone.
Mi piacerebbe vendere tutto il vino a Torino, ma non me lo comprano, non vengono fino da me, magari a dare un’occhiata in vigna se c’è ancora un pò d’erba oppure no. Preferiscono andare al mercato del municipio la domenica e comprare la roba genuina. Va là genuina. Che i poveri contadini la comprano ai mercati generali. Fan la coda per i salami genuini fatti coi maiali morti malati, i cretini.
Mm. Comunque adesso te la dico io una cosa. Sono finiti i soldi, non ce n’è per le bottiglie da 10 euri.
Ma va là, che gli euri li hanno per mettersi in coda e andare a Spotorno tutte le domeniche. Però mangiare e bere bene no, sono finiti i soldi. Ma noi siamo quello che mangiamo.
Ecco, adesso tirami fuori l’altra tiritera braidese, che bisogna insegnare ai ragazzi fin dalle scuole eccetera eccetera.
Proprio.

Ho voluto segnalarvi questo pezzo perchè coraggioso e vero. Tanti onesti e bravi produttori si pongono le stesse domande. Non importa se avranno risposta: la domanda è un segno inequivocabile che qualcuno si è risvegliato.

La via non è chiusa.
(By Corsaro)

Biologico e convenzionale? Tra i due litiganti…

Qualcuno si scanna e si sbatte per affermare che il consumo del biologico è in crescita e fa bene alla nostra salute. Interessante e molto forte è l’intervento del professor De Carlis, napoletano verace (e vorace), che fa in Cambusa . Il suo commento è più un intervento atto a cercare di fare luce sui carciofi esplosivi e, solo in conclusione, tira una stoccata sanitaria sul bio. Certo che con le tossine, le aflatossine in modo particolare,non si scherza. Ogni contadino vorrebbe coltivare usando solo zappa e pala ma oggi non si può più. Siamo evoluti noi, per dire, umani e sono evoluti anche batteri, virus e compagnia bella che sono comunque anche loro facenti parte del grande disegno divino ( o diacqua, come vi pare!). Da una parte c’è il bio e il convenzionale che se le danno di santa ragione. Dall’altra parte c’è l’industria che zitta-zitta sta creando la SUA agricoltura: OGM, clonazioni, alieni, serre su Marte, cibo i pasticche e avanti popolo, tutto all’insegna della sicurezza alimentare. TRA I DUE LITIGANTI IL TERZO GODE! Dal basso della mia terra penso che i nostri nonni mangiavano “per terra” e sono arrivati a 90 anni, noi a 40 siamo esauriti. E allora basta con queste stupide diatribe, non importa se bio o convenzionale, importa che sia fatto con coscienza e non in laboratorio perché qualche pazzo, stipendiato dalle multinazionali, un giorno ci dirà: ” bevete coca-cola che vi fa beneeeee, bevete coca-cola che vi fa digerireeeee”. La meglio gioventù la beve, come beve la RED BULL non sapendo nemmeno di cosa è fatta. Non sapendo quanto è bona l’acqua fresca con il tamarindo! Tocca a noi ricordarlo, tocca a noi opporci con il cuore a tali mostri.
(By Corsaro)

Il verde Canavese

E’ così che mio nonno materno definiva la sua terra di origine, lui era un canavesano.

Il canavese è un territorio, a nord di Torino, circoscritto tra le valli di Lanzo, le Alpi ed il vercellese.
E se ne parla, ahimè, molto poco. (le solite precedenze alle zone ricche&grasse)
Io lo ricordo per il verde, per i boschi, per le cose buone e per il profumo di erba che, non solo in tempo di fieno, rendeva l’aria speciale. Pensate il latte ed i formaggi che boni!
Non è facile descrivere un canavesano doc.
Non è un piemontese tipo, ottimamente rappresentato dal torinese o cuneese:
“bugianen, tranquillo e ossequioso.”
Il canavesano è sanguigno, diretto, schietto e laborioso.
Mio nonno era di Oglianico Canavese, vicino a Salassa dove io, allora ragazzino, passavo parecchi tempo delle mie vacanze estive, e dove incominciai, nel 1977, ad allevare per passione i conigli.

Ricordo con tanto affetto quei tempi, arricchiti dalle storie, più o meno vere, che il nonno mi raccontava.
Il suo pezzo forte erano le masche, o streghe. Infatti, come una ricca tradizione canavesana racconta, sono tante le storie su queste signore della notte che a cavallo di scope svolazzavano tra le valli seminando paura. Poi, attingendo sempre dalla tradizione popolare si passava alla gallina dalle uova d’oro, all’eva d’or (acqua d’oro) che era l’acqua contenente pagliuzze d’oro, del torrente Orco, e gli spiriti dei soldati di Napoleone che vagavano nelle zone di scontri con i piemontesi. A tal proposito, ed a conferma di una validità storica di quest’ultimo fatto, segnalo che, nel cimitero di Oglianico, nella parte vecchia, riposano i resti di alcuni soldati dell’imperatore francese caduti in battaglia nella zona.
Ricordo anche vecchi contadini del posto, che accudivano la vigna, coltivavano il “campo”, badavano a due o tre vacche, ai conigli ed alle galline. Queste misure e dimensioni erano nulla se paragonate ai numeri delle cascine in grande stile del cuneese (della piana) ma, l’orgoglio di contadino canavesano, anche se quasi estinto, ha portato a noi un territorio, con la sua architettura rurale, molto più rispettata ed originale che quello che oggi si può vedere in provincia di Cuneo.
Provincia la cui architettura rurale è stata violentata, negli ultimi 40 anni, dai deliri di onnipotenza di qualche “diplomato” che, forte della sua (non)cultura scolastica, ha messo marmi, villette stile Dallas, mattoni insabbiati e nani da giardino ovunque, lasciando al degrado cascinali storici se non, peggio ancora, riempendoli di maiali.
Pensate che non è raro vedere cappellette o chiesette private, facenti parte della cascina tipica, trasformate in stalle o in concimaie.
C’era un misto di leggenda e realtà nelle storie che mi raccontava il nonno ma, se allora mi divertivano solo, oggi, nella condizione di padre, dico che erano storie di vita ed erano un modo per sviluppare quella fantasia, quel senso di appartenenza ad un territorio che, una volta diventati adulti, ti da delle radici e quella giusta misura, tra il razionale e l’irrazionale, che aiuta a vivere senza Prozac o simili.
Solo bacco può intervenire, ogni tanto, per un aiutino.

Questo in netta contrapposizione al mondo dei culi pallidi che ci vogliono tutti auricolarimuniti e privi di fantasia, perché l’unica che deve esistere è quella rappresentata dal desiderio di un qualcosa di materiale che non abbiamo, ma se andiamo “LI”, lo si può acquistare in comode rate mensili.

Il nonno mi raccontava anche di suo padre che faceva il barbiere, aveva una vacca di nome Paris (Parigi) e costruiva cestini per poi andarli a vendere in qualche mercatino francese.
Che buffo, ora capisco la lungimiranza di mio bisnonno che già un secolo fa era un imprenditore multifunzione, quello che oggi, gli studiosi di markette, ci consigliano di fare: “la multifunzionalità come arma strategica per affrontare le nuove sfide.”
…Ma vaffa! Te markettaro e la sfida!
Poi a Torino, dove aveva la sua attività commerciale, ogni tanto mi portava con lui a sbrigar faccende, magari in banca per pagare qualche tratta e dare un occhiata ai titoli nella sala contrattazioni dove non mancavana una piccola lezione di economia: “in borsa e negli affari fatti sempre un orticello che, in un linguaggio semplice vuole dire di coltivare più interessi.
Aveva ragione!
Comunque sia, il verde canavese è sempre li, come mio nonno, e mi fa molto piacere che oggi, con questo breve racconto li ho ritrovati tutte e due.
Perché il tempo non esiste è solo una illusione, tutto è un continuo, infinito, presente.
(By Corsaro–foto google)