Corsari del Gusto®

liberi pensieri di un contadino della provincia di Cuneo e dei suoi amici

Piccola impresa vs. grande impresa

Da un innocente post sul blog Barbabietola si sono evidenziate teorie e convinzioni alquanto bizarre sui tempi e modi delle cosidette produzioni artigianali legate alla piccola impresa in genere. Pensate c’è qualcuno che pensa che i “piccoli” produttori son degli zozzoni che si mettono le dita nel naso mentre preparono, in un buio sottoscala, le “buone cose”.  Abbiamo un lontanissimo-issimo sospetto che questo qualcuno abbia (remotissima ipotesi) a che fare con i signori perfezione (grandi imprese). Comunque noi Corsari gli abbiamo dato filo da torcere, riporto in questo post due nostri commenti che faranno sicuramente storia:

(Corsaro) Ho sorvolato sulle “precendenti” (non è mio solito) per evitare il più che minimo contatto, verbale, con tale dio sceso in terra. Anche perchè riconosco un solo Dio, quello che cacciò i mercanti (imbonitori dallo scioglilingua facile) dal tempio un pò di anni fa. Ma lo sciocco lo rispedisco al mittente e anche con tutti gli interessi da parte di un contadino che certo non si intimorisce dinnanzi a tale tracotante e ridondante inno all’industria e le sue alchimie. Queste robe raccontatele a chi non è passato, COME ME, da una esperienza di lavoro industriale (20 anni!!) dalla quale sono uscito VIVO ed ho imparato, a mie spese, cosa vuole dire allontanarsi da Madre Natura. Oggi continuo a pagare SALATO la mia libertà, la mia voglia di libertà e coerenza, ed allevo con mille sacrifici e rinunce i miei animali all’aperto, fuori dai lager, nutrendoli come NATURA VUOLE, anche con il pascolo di erba fresca, usando la chimica SE e QUANDO serve con i TEMPI e MODI che rispettino le NORME CEE VIGENTI. Questo alla faccia di una industria che vuole (ed applica) ben altri sistemi che prevedono lunghi tempi di prevenzione antibiotica, allevamenti-lager dove il benessere animale è RIDICOLO (nei maiali è una palla od un copertone nei box con il quale i poveri porcelli dovrebbero GIOCARE, evitando di sbranarsi presi CHISSA’PERCHE’MAI da improvviso esaurimento: CACCHIO, SONO ESSERI VIVENTI!!) e alimentarli con ogni sorta di materiali, si di origine vegetale, (sterilizzati, asettici, sicurissimi) ma, ahimè, molto lontani da ciò che un animale dovrebbe mangiare. E se è vero che si diventa cosa si mangia, fate voi le dovute considerazioni. L’industria senza freni dei manager rampanti, seduti nei loro uffici con aria condizionata a palla estate ed inverno, ha creato la piaga degli allevamenti senza terra, slegati dai più elementari concetti di SOSTENIBILITA’. Quindi, ai cari amici industriali, dico solo una cosa: fate pure tutto quello che vi pare, sterilizzate il terreno che calpestate, bonificate l’aria, snidate e distruggete tutti gli esseri che strisciano e non, cementificate il Paese, fate le rotonde e le centrali ma la corda è molto tesa, a tutto c’è un limite che Natura prima o poi reclama, anzi mi sembra che stia già passando ai fatti! Infine: EVVIVA se tra gli OLI c’è quello che sa di rancido, tra i vini quello che sa di tappo, tra i miei salami quello che fa schifo: E UN BUON SEGNO, non sono di plastica e i produttori, VIVAIDDIO, non sono esseri infallibili scesi in terra. Si può sbagliare, bisogna migliorarsi, ma sempre con i piedi per terra ed il solco ben tracciato che differenzia un prodotto artigianale A PRODUZIONE LIMITATA ed uno industriale senza limiti, per cui necessariamente sottoposto ad un procedimento che lo rende STABILE, INOSSIDABILE, INDISTRUTTIBILE e… COMMESTIBILE.

(Luca) Il sistema industraile garantisce reddito?! E’ una battuta spero, perchè altrimenti è una mancanza di rispetto nei confronti degli agricoltori che vendono i loro prodotti alla GDO: so per certo, se vuole con tanto di nomi, cognomi e riferimenti, di un agricoltore di Oleggio (NO) che l’anno scorso di questi tempi vendeva i pomodori da lui coltivati all’Iper di Magenta (MI), si e no 15 km di distanza, alla roboante (e redditizia) cifra di 10 centesimi di euro al chilo, naturalmente pagati a 180 giorni! Si, ha letto bene: 0,10 €/kg… Questo si chiama “garantire reddito”? E cmq se la cosa vuole essere vista solo in chiave strettamente economica, quindi annullando ogni discorso su gusto e salubrità di un alimento, non si può dire che l’industria sia una salvezza: il genitore che non si sa come possa campare con 1000€ al mese, perchè per risparmiare (e ripeto, senza considerare tutto il resto) non prepara al figlio una sana crostata con la marmellata o una torta di mele, e gli rifila invece patatine e merendine? O vogliamo parlare delle bibite, la “mitica” aranciata che può contenere lo 0% di succo d’arancia, tanto ci sono gli aromi, rigorosamente non naturali? Anche questa è fonte di reddito, peccato non lo sia anche di salute…

Se volete trovate qui tutta la discussione. Credo che sia interessante, magari approfondire perchè è incredibile il non considerare che la piccola impresa, gli artigiani, le piccole aziende erano e sono quel tessuto sociale che HA FATTO L’ITALIA, senza tutti i “calci in culo” che i nostri amici delle “grandi imprese” si sono beccati per fare quadrare i conti. La cronaca e i mercati finanziari mondiali tutti i giorni ci illuminano in merito agli “sviluppi” del sistema capitalistico della grande impresa. O sbaglio?

 

 

(By Corsaro  foto google immagini)

2 Commenti »

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2 Risposte a “Piccola impresa vs. grande impresa”

  1. 1

    enrico dice:

    trovo fondamentale l’espressione:usando la chimica SE e QUANDO serve con i TEMPI e MODI che rispettino le NORME.Troppo spesso ci si dimentica che il lavoro dell’allevatore e dell’agricoltore sono più complessi di quel che sembra;la chimica non è l’uovo di colombo o la polverina della maga che basta spargere perchè tutto si risolva.Il buon imprenditore SA cosa e come utilizzare affinchè il suo prodotto sia “giusto”
    Grazie per il vostro impegno

  2. 2

    Corsaro dice:

    Prego!
    Grazie per l’incoraggiamento.

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