Corsari del Gusto®

liberi pensieri di un contadino della provincia di Cuneo e dei suoi amici

Il verde Canavese

E’ così che mio nonno materno definiva la sua terra di origine, lui era un canavesano.

Il canavese è un territorio, a nord di Torino, circoscritto tra le valli di Lanzo, le Alpi ed il vercellese.
E se ne parla, ahimè, molto poco. (le solite precedenze alle zone ricche&grasse)
Io lo ricordo per il verde, per i boschi, per le cose buone e per il profumo di erba che, non solo in tempo di fieno, rendeva l’aria speciale. Pensate il latte ed i formaggi che boni!
Non è facile descrivere un canavesano doc.
Non è un piemontese tipo, ottimamente rappresentato dal torinese o cuneese:
“bugianen, tranquillo e ossequioso.”
Il canavesano è sanguigno, diretto, schietto e laborioso.
Mio nonno era di Oglianico Canavese, vicino a Salassa dove io, allora ragazzino, passavo parecchi tempo delle mie vacanze estive, e dove incominciai, nel 1977, ad allevare per passione i conigli.

Ricordo con tanto affetto quei tempi, arricchiti dalle storie, più o meno vere, che il nonno mi raccontava.
Il suo pezzo forte erano le masche, o streghe. Infatti, come una ricca tradizione canavesana racconta, sono tante le storie su queste signore della notte che a cavallo di scope svolazzavano tra le valli seminando paura. Poi, attingendo sempre dalla tradizione popolare si passava alla gallina dalle uova d’oro, all’eva d’or (acqua d’oro) che era l’acqua contenente pagliuzze d’oro, del torrente Orco, e gli spiriti dei soldati di Napoleone che vagavano nelle zone di scontri con i piemontesi. A tal proposito, ed a conferma di una validità storica di quest’ultimo fatto, segnalo che, nel cimitero di Oglianico, nella parte vecchia, riposano i resti di alcuni soldati dell’imperatore francese caduti in battaglia nella zona.
Ricordo anche vecchi contadini del posto, che accudivano la vigna, coltivavano il “campo”, badavano a due o tre vacche, ai conigli ed alle galline. Queste misure e dimensioni erano nulla se paragonate ai numeri delle cascine in grande stile del cuneese (della piana) ma, l’orgoglio di contadino canavesano, anche se quasi estinto, ha portato a noi un territorio, con la sua architettura rurale, molto più rispettata ed originale che quello che oggi si può vedere in provincia di Cuneo.
Provincia la cui architettura rurale è stata violentata, negli ultimi 40 anni, dai deliri di onnipotenza di qualche “diplomato” che, forte della sua (non)cultura scolastica, ha messo marmi, villette stile Dallas, mattoni insabbiati e nani da giardino ovunque, lasciando al degrado cascinali storici se non, peggio ancora, riempendoli di maiali.
Pensate che non è raro vedere cappellette o chiesette private, facenti parte della cascina tipica, trasformate in stalle o in concimaie.
C’era un misto di leggenda e realtà nelle storie che mi raccontava il nonno ma, se allora mi divertivano solo, oggi, nella condizione di padre, dico che erano storie di vita ed erano un modo per sviluppare quella fantasia, quel senso di appartenenza ad un territorio che, una volta diventati adulti, ti da delle radici e quella giusta misura, tra il razionale e l’irrazionale, che aiuta a vivere senza Prozac o simili.
Solo bacco può intervenire, ogni tanto, per un aiutino.

Questo in netta contrapposizione al mondo dei culi pallidi che ci vogliono tutti auricolarimuniti e privi di fantasia, perché l’unica che deve esistere è quella rappresentata dal desiderio di un qualcosa di materiale che non abbiamo, ma se andiamo “LI”, lo si può acquistare in comode rate mensili.

Il nonno mi raccontava anche di suo padre che faceva il barbiere, aveva una vacca di nome Paris (Parigi) e costruiva cestini per poi andarli a vendere in qualche mercatino francese.
Che buffo, ora capisco la lungimiranza di mio bisnonno che già un secolo fa era un imprenditore multifunzione, quello che oggi, gli studiosi di markette, ci consigliano di fare: “la multifunzionalità come arma strategica per affrontare le nuove sfide.”
…Ma vaffa! Te markettaro e la sfida!
Poi a Torino, dove aveva la sua attività commerciale, ogni tanto mi portava con lui a sbrigar faccende, magari in banca per pagare qualche tratta e dare un occhiata ai titoli nella sala contrattazioni dove non mancavana una piccola lezione di economia: “in borsa e negli affari fatti sempre un orticello che, in un linguaggio semplice vuole dire di coltivare più interessi.
Aveva ragione!
Comunque sia, il verde canavese è sempre li, come mio nonno, e mi fa molto piacere che oggi, con questo breve racconto li ho ritrovati tutte e due.
Perché il tempo non esiste è solo una illusione, tutto è un continuo, infinito, presente.
(By Corsaro–foto google)

2 Commenti »

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2 Risposte a “Il verde Canavese”

  1. 1

    Luca Ripellino dice:

    “Corsaro sensibile”, nuova etichetta del blog CorsaridelGusto!! Bravo, bella testimonianza…

  2. 2

    marzia dice:

    non lo sapevo che eri anche un po’ canavesano… frequento abbastanza spesso quei posti. verdi sì, incendi a parte (ahimè!), come potrebbe dirti il papà di una mia amica che è dell’AIB

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